La diffusione del Coronavirus ha portato alla ribalta il tema dello smart working, o del lavoro agile, che qua in Italia sta prendendo lentamente piede, grazie anche a una normativa che dal 2016 lo regolamenta.
Ne sono stati già messi in luce alcuni benefici, per esempio la riduzione dell’inquinamento in Cina da quando si è diffuso il virus o delle emissioni di PM10 a Milano, anche se poi sono state smentite per degli errori di valutazione.
A questo punto però è lecito domandarsi innanzitutto cos’è lo smart working e quali sono i pro e i contro per aziende e lavoratori.
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Cos’è lo smart working
L’ordinamento italiano definisce lo smart working come:
una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Si tratta quindi di un cambiamento epocale perché il rapporto tra lavoratore-azienda esce dai canoni obbligatori del lavoro in ufficio e mette nelle mani del lavoratore gli strumenti per organizzare il proprio tempo e la propria mansione in modo autonomo.
Differenza tra smart working e telelavoro
Potrebbe quindi sorgere il dubbio che lo smart working sia sostanzialmente un telelavoro, pratica già ampiamente diffusa. In realtà non è così, lo smart working si differenzia dal telelavoro perché:
- nell’accordo tra le parti obbliga le aziende a concedere il diritto di disconnessione al lavoratore dagli strumenti di lavoro;
- grazie a un’opportuna infrastruttura tecnologica lo smart working può essere adottato per molte più categorie di lavori cosa che con il telelavoro non è possibile;
- le aziende possono assumere risorse che hanno particolari esigenze legate al tempo e allo spazio, come per esempio studenti, neogenitori, disabili o talenti a distanza anche fuori dallo stato in cui opera l’azienda.
La normativa
Come si accennava prima, in Italia lo smart working è regolato dal Patto di Stabilità del 2016 più comunemente noto come Jobs Act. Questa normativa obbliga le parti a sottoscrivere un accordo scritto in cui vengano esplicitate le modalità del lavoro agile, per esempio i giorni e il luogo di lavoro nelle giornate dello smart working e le fasce di disponibilità.
Invece con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio 2020, è stato reso più facile l’accesso allo smart working per arginare il Coranavirus nelle regioni che stanno registrando i primi casi in Italia.
Quindi lo smart working è applicabile in via provvisoria, fino al 15 marzo 2020, per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa nelle Regioni Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria, e per i lavoratori ivi residenti o domiciliati che svolgano attività lavorativa fuori da tali territori, a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla Legge 81/2017, anche in assenza di accordi individuali.
In soldoni la modalità semplificata prevede una semplice autocertificazione e non più un accordo sottoscritto tra le parti.
I pro e i contro
Anche se raccontata in questi termini può sembrare che lo smart working sia uno strumento win-win per tutti, è necessario fare le dovute precisazioni. Indubbiamente il lavoro agile porta moltissimi benefici, ma ci sono anche degli aspetti negativi che devono essere considerati.
Pro
- Aumenta la libertà, l’autonomia e la capacità di organizzazione del lavoratore.
- Consente al lavoratore di risparmiare su alcune spese (trasporto) e all’azienda su costi fissi (uffici).
- Recupero del tempo destinato agli spostamenti, in particolare nelle grandi città o dei pendolari.
- Migliora lo stile di vita del lavoratore che riesce a conciliare meglio la vita lavorativa con quella personale.
- Se il lavoro è ben organizzato può aumentare la produttività.
- Permette di inserire risorse umane che altrimenti non potrebbero lavorare per l’azienda, anche in un’ottica di integrazione di persone affette da disabilità.
Contro
- Può risultare più difficile trasmettere la cultura di impresa isolando il lavoratore che non avrebbe contatto con i colleghi e i superiori.
- La sfera lavorativa del lavatore invade quella personale.
- Se il lavoro non è ben disciplinato potrebbe calare la produttività del lavoro e il controllo qualità.
- Alcune spese che l’azienda risparmia possono ricadere sul lavoratore (postazioni in coworking in sostituzione dell’ufficio).
Personalmente ritengo che la soluzione migliore sia l’equilibrio, inserire lo smart working preservando la cultura aziendale.